“ Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Gv.14, 16-17)
(1a parte)
Il “dialogo” con una cultura morta e mortifera
L’ultima proposizione condannata dal Sillabo, la n°80, sostiene che il Romano Pontefice può e anzi deve riconciliarsi con il liberalismo, il progresso e la civiltà moderna. Il Beato Pio IX, papa di fermissima fede, infatti, non scorgeva affatto questa necessità di riconciliazione con il mondo, così viva nei moderni, dimostrando una rara perspicacia e dando prova che lo Spirito di verità (Giovanni 14,16-17) dimora solo nella Chiesa Cattolica. Già, perché la convinzione che la fede possa e anzi debba conciliarsi con la cultura del secolo e dialogare con essa è un errore. E l’errore è quello di credere che la cultura sia, in ogni caso, un valore. Ma la cultura è innanzi tutto un modo di pensare e il modo di pensare del secolo presente, non già nelle sue conseguenze o derivazioni ultime e secondarie, ma nei suoi stessi princìpi, è inaccettabile.
Senza star lì a girarci intorno, bisogna dire che, da almeno un secolo la nostra cultura, la cultura dell’Occidente civilizzato, disgiunge allegramente la gnoseologia dall’ ontologia, per annunziare che il nulla è genitore dell’essere.
Vale la pena ricordare che, per la cultura moderna, le condizioni del nostro sapere cadono sempre dalla parte del soggetto, come osservava Kant e che, perciò, esse non possono mettere mai capo ad un sapere indipendente dalla coscienza che lo pone. In soldoni, abbiamo un sapere, ma esso esiste solo per noi, cioè solo per (e nella) nostra coscienza e mai fuori di essa, giacché fuori di essa non esiste nulla. Quindi, se anche si danno condizioni che rendono possibile la nostra conoscenza – per esempio, il Principio di Non-Contraddizione (d’ora in poi PdNC) – esse non sono in sé sussistenti. In breve: non esistono, perché se il PdNC, per esempio, dovesse esistere, sarebbe costretto a risiedere in una regione che va oltre la coscienza, e una regione che vada oltre la coscienza, per la cultura attuale, non c’è. E, allora, cosa sono? Sono funzioni da usare perché e finché funzionano. Ma cosa ciò voglia dire lo capisca chi può.
Ora, partendo da questa posizione scettica, diffusa dalla cultura moderna e che coinvolge tutti (credenti e non), viene da chiedersi se sia ancora possibile credere in Dio nel modo che c’è stato tramandato. C’è forse qualche persona cosiddetta colta ancora capace di credere al racconto della creazione così come si trova nella Genesi? O non è forse vero che tutti pensano che sia una metafora letteraria, valida finché non contraddice le sedicenti scoperte della scienza (evoluzione e big bang)? Oppure c’è forse qualcuno che capisca che l’evoluzione e il big bang sono miti e leggende ancora meno credibili, perché partono dall’ assunto che l’intelligenza non sia mai stata creata, ma provenga dritto dalla materia, e ciò senza mai darsi pena di spiegare una sola volta in che modo gli organismi monocellulari o l’acqua abbiano potuto dar vita al PdNC, che governa in modo ferreo la totalità dell’essere?