GUENON E HEIDEGGER, ABBAGLI GNOSTICI E LUMICINI FILOSOFICI PER INQUINARE LA VERITA' CATTOLICA
di Piero Vassallo
Nel 1959, quando il delirio dei nuovi teologi stava uscendo dal margine in cui lo aveva relegato l'enciclica Humani generis di Pio XII, Gianni Baget-Bozzo pubblicò, nella rivista "Studium", un saggio, "Dal razionalismo alla gnosi", in cui erano puntualmente elencati i segnali della tempesta pseudo-ecumenica, che stava addensandosi sopra la Chiesa cattolica, in festoso cammino verso il Concilio Vaticano II.
Uditore e divulgatore dei lungimiranti discorsi del cardinale Giuseppe Siri sugli estremi languori del pensiero moderna e sulla riemersione della gnosi ereticale, Baget-Bozzo definiva l'umiliante metamorfosi delle verità fino ad allora portate in trionfo dagli atei filosofanti: "Fallito il grandioso tentativo hegeliano di ridurre alla ragione la natura e la storia, ritorna drammatica l'esperienza della dualità, il pensiero ricorre a una conoscenza metalogica (l'apertura all'essere di Heidegger, l'intuizione bergsoniana) distinta e parallela alla conoscenza scientifica".
Congedate le filosofie in discesa dall'illuminismo, il pensiero dei moderni apostati si rifugiava nel teatrino della doppia verità: difendeva la granitica fede nella Scienza sovrana (una mitologia oggi sopravvivente soltanto nei comici pistolotti dei darwinisti) ma ammetteva l'eventualità di una conoscenza personale del soprarazionale o la tradizione di esso.
Lo sdoppiamento del pensiero moderno aprì un varco ai fumi tossici dell'esoterismo di stampo massonico.