Quando nell’Inghilterra «riformata» frati e preti cattolici venivano squartati vivi
di Francesco Lamendola - 18/01/2012 Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte] Se si chiede a uno studente medio italiano (“medio” non nel senso che frequenta la scuola media, ma nel senso della preparazione, della maturità e della capacità critica), anche di livello universitario, che cosa gli facciano venire in mente espressioni come Riforma e Controriforma, nove volte su dieci, crediamo, parlerà dei roghi dell’Inquisizione, dell’Indice dei libri proibiti, insomma delle varie manifestazioni di intolleranza dei cattolici nei confronti dei protestanti; mettendovi dentro forse anche, per buona misura, il processo a Galilei, sebbene non c’entri nulla con l’argomento suddetto.
Se poi si chiederà a quel medesimo studente che cosa sappia della vita civile e religiosa in Inghilterra nel Cinquecento, e specialmente durante il regno della “grande” Elisabetta, nove volte su dieci egli parlerà in termini entusiastici della libertà inglese, della tolleranza inglese, del meraviglioso clima di rispetto per le opinioni altrui che caratterizzava quel fortunato Paese, mentre nel resto d’Europa, e specialmente nei Paesi rimasti cattolici, il boia, il carceriere e l’aguzzino addetto alla tortura, lavoravano senza posa per conculcare il sacrosanto diritto di ciascun essere umano a seguire la fede religiosa e le opinioni filosofiche che ritiene vere.