Dopo Carlo Caffarra su “Il Foglio” e Walter Brandmüller su “Die Tagespost” e “Avvenire”, un terzo porporato è intervenuto pubblicamente in forma ampia e approfondita sulla questione della comunione ai divorziati risposati, anche lui contro le tesi possibiliste sostenute dal cardinale relatore Walter Kasper nel concistoro del 20-21 febbraio.
Si chiama Francesco di nome e gesuita dicognome. E’ questa la battuta che ricorre più frequentemente riferita a Papa Francesco. Il quale all’esterno si presenta sicuramente con il volto e l’umiltà propria del francescano, ma all’interno della Chiesa sembra agire con l’inflessibilità tipica del militante gesuita.
E’ ormai trascorso più di un anno dalla sua elezione al soglio di Pietro e sono tanti i gesti che hanno caratterizzato il pontificato di Francesco. Eppure si ha come l’impressione che ad un’esteriorità esaltata oltre misura, fatta di continue manifestazioni d’affetto verso i fedeli, di assoluta sobrietà negli stili di vita e nelle cerimonie pubbliche, di continui richiami alla misericordia e al perdono, faccia da contraltare una rigidità esercitata con pugno di ferro. In un anno il Pontefice ha di fatto ridimensionato la Curia romana o come ha commentato qualcuno ha “tagliato teste” con un decisionismo da far impallidire persino l’ultra decisionista Pio XII, uno che non era solito andare troppo per il sottile (e non a caso papa Pacelli era accusato di essere troppo filo gesuita).