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domenica 21 gennaio 2018

Pensieri, parole e fatti..

Chi è Sean O'Malley, il francescano che accusa Papa Francesco

Francesco criticato dal cardinale Sean O'Malley per le posizioni espresse in Cile sul "caso Barros". Ecco chi è il cappuccino americano
Il cardinale francescano minore Sean Patrick O'Malley "contro" Papa Francesco. La notizia, per chi segue le cose vaticane, è decisamente inaspettata.

L'uomo di Chiesa, originario dell'Irlanda e nato negli Stati Uniti, infatti, non solo è il presidente della commissione della Santa Sede contro gli abusi sui minori voluta proprio dal pontefice argentino nel 2014, ma è anche un membro del C9: il minidirettorio cardinalizio istituito da Bergoglio per riformare dal profondo la Curia di Roma. Un organo che è stato riservato a quelli che comunemente vengono definiti "cardinali progressisti". Non a caso, del resto, il C9 è presieduto da Oscar Mariadiaga: un cardinale dottrinalmente vicinissimo al papa. "E' comprensibile che le parole di Papa Francesco siano state fonte di grande dispiacere per le vittime di abusi sessuali da parte del clero - ha detto il cardinale in riferimento al caso del vescovo Barros -. "Non essendo stato personalmente coinvolto nel situazioni che sono state oggetto dell'intervista del Papa, non posso spiegare - ha precisato O'Malley - perchè il Santo Padre abbia scelto le parole che ha usato nella sua risposta. Ma quello che so davvero è che Papa Francesco riconosce pienamente gli enormi fallimenti della Chiesa e del suo clero che hanno abusato di bambini, e l'impatto devastante che questi crimini hanno avuto sulle vittime che ama particolarmente", ha chiosato il cappuccino americano.

Il vescovo cileno Barros, come abbiamo spiegato qui, è il titolare della diocesi di Osorno, nonostante abbia ricevuto da un nunzio apostolico l'invito a prendersi un anno sabbatico. Il pontefice, come dimostrato in un articolo di Sandro Magister, avrebbe dapprima approvato la decisione del nunzio di allontanare il presule in questione dalla Chiesa cattolica, salvo poi "promuoverlo" nella diocesi di cui ora è vescovo. Barros, peraltro, sarebbe tra i tre presuli, allievi del discusso Karadima, che avrebbero assistito o preso parte a casi di abusi sessuali ai danni di minori. Barros, nello specifico, è accusato di aver in qualche modo "coperto" Karadima, che invece è stato condannato tanto dal tribunale vaticano quanto dalla giustizia cilena per pedofilia. La popolazione cilena e alcune autorità governative, insomma, chiedono chiarezza su tutta questa storia. Bergoglio, rispondendo alle domande dei giornalisti cileni sul "caso Barros", era stato lapidario: tutte calunnie fino a prova contraria, aveva asserito il papa pochi giorni fa. Sean O'Malley, d'altro canto, sembra pensarla in modo diverso. Elevato al rango di cardinale nel marzo 2006 da Benedetto XVI, O'Malley è l'unico cappuccino ad aver mai indossato la porpora. Nel luglio del 2003, Giovanni Paolo II aveva inviato O'Malley a Boston, nominandolo arcivescovo di quella città, in seguito al caso Spotlight. Il cardinale è noto per aver contribuito alla pulizia morale di quella diocesi, accelerando la pubblicazione di un elenco dei sacerdoti coinvolti nello scandalo e predisponendo un piano di risarcimenti per le vittime. Considerato un papabile ai tempi della successione a Ratzinger, O'Malley è stato posto al vertice della commissione contro gli abusi sui minori proprio per la fermezza della sua battaglia contro la pedofilia nella Chiesa. I vertici della commissione, adesso, sarebbero scaduti e il pontefice starebbe valutando il rinnovo dell'organismo.
Francesco Boezi -
Il cardinale O'Malley contro il Papa: "Le sue parole sono fonte di dolore per le vittime degli abusi"
Insolito comunicato ufficiale dell'arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori: "Non so perché Francesco abbia usato quelle parole" in difesa del vescovo di Osorno, mons. Juan Barros
Il cardinale Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston

Roma. “E’ comprensibile che le dichiarazioni di Papa Francesco rilasciate giovedì a Santiago del Cile siano fonte di grande dolore per i sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero o di qualunque altra persona. Le parole del Papa trasmettono il messaggio che se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto” e in sostanza danno l’idea di un “abbandono di coloro che hanno subito violenze riprovevoli della loro dignità umana”, “relegando i sopravvissuti nel discredito”.

Il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, ha scelto la via di un comunicato ufficiale per prendere le distanze dalle dichiarazioni di Francesco in difesa di mons. Juan Barros, il vescovo di Osorno nei confronti del quale, da tre anni, si organizzano marce di protesta e manifestazioni perché sospettato di aver sempre saputo degli abusi perpetrati dal suo mentore, padre Fernando Karadima, poi condannato dalla Santa Sede a una vita ritirata e di preghiera. Un comunicato che diversi organi di stampa americani, anche cattolici, hanno definito “inusuale” per un porporato, soprattutto se considerato assai vicino al Pontefice regnante. Qualche giorno fa, il Papa ha risposto direttamente in Cile alle domande di qualche giornalista, ribadendo di non essersi pentito della nomina di Barros, contro il quale – sono le parole di Bergoglio – “Non c’è alcuna prova contro”, ma “solo calunnie”.

“Non essendo stato coinvolto personalmente nei casi oggetto dell’intervista – ha aggiunto O’Malley – non posso dire perché il Santo Padre abbia scelto quelle parole. Quello che so, comunque, è che Papa Francesco riconosce pienamente gli eclatanti fallimenti della chiesa e del clero negli abusi dei bambini e l’impatto devastante che questi crimini hanno avuto sui sopravvissuti e sui loro cari”. Il cardinale arcivescovo di Boston riconosce che “le affermazioni del Papa sul fatto che non c’è posto nella vita della chiesa per coloro che abusano dei bambini e che dobbiamo seguire una tolleranza zero per questi crimini sono autentiche e rappresentano il suo impegno”. Però, il pensiero deve andare sempre alle vittime: “Non possiamo mai annullare la sofferenza che hanno vissuto”.
Il Papa difende Barros, il vescovo accusato di omertà sui casi di pedofilia
Parole nette del Pontefice poco prima di lasciare il Cile alla volta del Perù. Quelle rivolte contro il prelato "sono tutte calunnie, è chiaro?", dice
Papa Francesco in visita a Temuco, in Cile. Alla sua destra il vescovo Juan Barros. Foto LaPresse/AFP

Prima di lasciare il Cile alla volta del Perù (seconda e ultima tappa del suo viaggio in America latina), Papa Francesco ha definito "calunnie" le accuse rivolte contro un vescovo che, secondo le vittime, avrebbe coperto casi di pedofilia. La vicenda è quella che riguarda padre Fernando Karadima, colpevole di abusi su minori, che era già stato condannato nel 2011 dalla congregazione per la Dottrina della fede a ritirarsi in solitudine e preghiera per il resto dei suoi giorni. Il Pontefice, prima della grande messa tenuta a Iquique, ha difeso il vescovo Juan Barros, accusato di avere tenuto nascosti gli abusi e le violenze di padre Karadima. "Non c'è nemmeno una traccia di prova contro di lui (Barros, ndr). Sono tutte calunnie, è chiaro?", ha detto Francesco in un video registrato e diffuso giovedì sera dall'agenzia France Press. "Il giorno che qualcuno mi porterà una prova contro il vescovo Barros, allora parlerò".

BERGOGLIO E LA PEDOFILIA : La reazione delle vittime non si è fatta attendere: «Questi sono pazzi», ha commentato Cruz dal suo account Twitter, chiedendosi quali altre prove si debbano ancora fornire sulla complicità di Barros. «Come se avessi potuto farmi un selfie o scattare una foto mentre Karadima mi toccava nelle parti intime e abusava di me con Barros in piedi accanto a lui, vedendo tutto!»…

Città del Vaticano – Non nascondono un certo rammarico le parole del cardinale Sean O’Malley, tra i porporati più vicini a Francesco e presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, riguardo alle recenti dichiarazioni del Papa sul “caso Barros”. Ovvero la polemica sul vescovo di Osorno i cui fedeli – sacerdoti e laici – chiedono la rimozione immediata da tre anni, esattamente dal giorno in cui Papa Francesco lo ha posto nel 2015 alla guida della diocesi cilena, accusandolo di aver insabbiato i crimini dell’abusatore seriale padre Fernando Karadima. Una polemica incendiaria che ha superato ormai i confini del Cile.
«È comprensibile che le dichiarazioni di Papa Francesco siano state fonte di grande dolore per i sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero», ha detto il porporato in una nota pubblicata sul sito dell’arcidiocesi di Boston. Due giorni fa, Bergoglio incalzato da alcuni giornalisti cileni che chiedevano conto del pastore di Osorno, “figlioccio” spirituale del carismatico parroco della parrocchia de El Bosque e formatore di gran parte del clero cileno, rispondeva: «Il giorno che avremo una prova contro il vescovo Barros, parlerò. Non c’è una sola prova d’accusa. Le altre sono tutte calunnie, chiaro?».
Parole, secondo O’Malley, facilmente travisabili «che trasmettono il messaggio che “se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto”» e che suonano come «un abbandono» di «coloro che hanno subito violazioni riprovevoli della loro dignità umana, relegando i sopravvissuti ad un esilio screditato».
Il cardinale, tuttavia, nella medesima nota precisa: «Non essendo stato coinvolto personalmente nei casi oggetto dell’intervista, non posso sapere perché il Santo Padre ha scelto le parole particolari che ha usato in quel momento. Quello che so, comunque, è che Papa Francesco riconosce pienamente gli eclatanti fallimenti della Chiesa e del clero che ha abusato dei bambini e l’impatto devastante che questi crimini hanno avuto sui sopravvissuti e sui loro cari».
Accompagnando il Papa in numerosi incontri con i sopravvissuti come presidente dell’organismo per la tutela dei minori «ho assistito alla sua pena nel conoscere la profondità e l’ampiezza delle ferite inflitte a coloro che sono stati abusati e che il processo di recupero può richiedere una vita intera», spiega il cardinale O’Malley. «Le affermazioni del Papa sul fatto che non c’è posto nella vita della Chiesa per coloro che abusano dei bambini e che dobbiamo seguire una tolleranza zero per questi crimini sono autentiche e sono il suo impegno».
La preoccupazione principale, però, è sempre rivolta alle vittime e ai loro familiari. «Non possiamo mai annullare la sofferenza che hanno vissuto o che il loro dolore sia completamente guarito», sottolinea l’arcivescovo di Boston. «In alcuni casi dobbiamo accettare che anche i nostri sforzi per offrire assistenza possono essere una fonte di disagio per i sopravvissuti e che dobbiamo pregare quietamente per loro mentre provvediamo a fornire un supporto nell’adempimento dei nostri obblighi morali». Il porporato ribadisce il suo impegno costante «per la guarigione di tutti coloro che sono stati così danneggiati» e per fare «tutto ciò che è possibile per garantire la sicurezza dei bambini nella Chiesa in modo che questi crimini non accadano mai più».
La dichiarazione di O’Malley va a suggellare una settimana di accese critiche e manifestazioni di piazza contro il vescovo Juan Barros prima, durante e dopo la permanenza del Papa a Santiago. Un nutrito gruppo di Osorno, approfittando della visibilità internazionale data dalla visita papale, ha sfilato per le strade della capitale cilena con cartelloni e striscioni che mostravano immagini di Karadima (oggi 87enne e ricoverato in ospedale) nell’atto di benedire il vescovo con accanto frasi in spagnolo del tipo: «Osorno soffre. Il vescovo Barros insabbiatore» oppure «Vescovo insabbiatore, non può essere pastore».
Al Palazzo della Moneda, era intervenuto anche il presidente della Camera dei Deputati cilena, Fidel Espinoza, che ha fatto pervenire al Pontefice tramite il cardinale Parolin una lettera della comunità cattolica di Osorno in cui veniva richiesta – ancora una volta – la rimozione del presule.
Ad alimentare poi la rabbia dei manifestanti, guidati da tre ex vittime di Karadima, Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andre’s Murillo, divenuti negli anni un “simbolo” – come loro stessi si definiscono – della denuncia degli abusi del clero cileno, la presenza di Barros a tutte le messe papali. In prima fila o nelle tribune riservate ai vescovi. Una chiara «provocazione», a detta degli accusatori. Come provocatorie sono state le dichiarazioni rese da Barros – che ha sempre respinto ogni accusa – alla stampa locale sul fatto che il Papa era stato «molto affettuoso» nei suoi confronti e che gli aveva detto «parole di sostegno». Le stesse, probabilmente, che il Pontefice ha pronunciato poi ai giornalisti.
La reazione delle vittime non si è fatta attendere: «Questi sono pazzi», ha commentato Cruz dal suo account Twitter, chiedendosi quali altre prove si debbano ancora fornire sulla complicità di Barros. «Come se avessi potuto farmi un selfie o scattare una foto mentre Karadima mi toccava nelle parti intime e abusava di me con Barros in piedi accanto a lui, vedendo tutto!». «Il vero scandalo nelle parole di Francesco sta nel fatto che sta dando del bugiardo alle vittime e non a chi ha abusato di loro», ha fatto eco il portavoce dell’associazione di laici di Osorno che chiedono l’allontanamento di Barros, Juan Carlos Claret. In questo modo, secondo le vittime, cioè senza alcun provvedimento nei confronti del vescovo ma anzi con una pubblica difesa, la richiesta di perdono espressa dal Papa nel suo primo discorso ufficiale in Cile rimane solo «un gesto vuoto».

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